LA CORTE DI APPELLO
    Riunita in camera di consiglio, ha emesso  la  seguente  ordinanza
 nella  causa  civile in grado di appello iscritta al n. 418 del ruolo
 generale contenzioso dell'anno 1987, posta in  decisione  all'udienza
 collegiale  del  9  aprile  1991  e  vertente  tra cavatorta Angelo e
 Cavatorta Teresa elettivamente domiciliati in Roma, p.le Clodio n. 14
 presso lo studio dell'avv. Gianfranco Graziani che li  rappresenta  e
 difende  in  virtu'  di  delega in atti, appellanti e amministrazione
 finanziaria  dello  Stato,  in  persona  del   ministro   in   carica
 elettivamente  domiciliato  in  Roma  via dei Portoghesi n. 12 presso
 l'avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta  e  difende  per
 legge, appellata.
    Oggetto: impugnazione decisione commissione tributaria.
    Conclusioni per l'appellante:
      "Voglia l'ecc.ma corte di appello di roma, riformare la sentenza
 della  settima  sezione della commissione tributaria di secondo grado
 di roma in data 27 marzo-10 aprile 1986 e conseguentemente accogliere
 il ricorso proposto avverso l'ingiunzione art. 19363 part. succ. loro
 notificata ad istanza dell'Ufficio registro successioni  di  Roma  in
 data  10  maggio 1982. con vittoria di spese, funzioni ed onorari dei
 diversi gradi".
    Per l'appellata:
      "Si chiede, che l'impugnazione proposta da parte  avversa  venga
 dichiarata inammissibile e/o nel merito infondata. Vinte le spese".
                         IN FATTO E IN DIRITTO
    1.  -  Il  10  maggio  1982  il  ministero delle Finanze - ufficio
 registro  successioni  di  Roma  -  notificava  a  Helena   Elisabeth
 Costantino  e Ruth Teschner ved. Costantino, entrambi residenti negli
 Stati Uniti d'America ingiunzione per il pagamento di  L.  10.288.000
 per  l'imposta  dovuta  per  la  successione  a Maria Teresa Labrano,
 all'attivo della quale figurava un immobile ubicato  in  Rapallo.  Lo
 stesso  atto  era  notificato  "in via premunitaria e cautelativa" ad
 Angelo e Teresa Cavatorta e a Celidea Della  Chiesa,  domiciliati  in
 Rapallo.
    La  successione  di  Maria  Teresa  Labrano  era stata aperta il 2
 febbraio 1961 e gli eredi avevano dichiarato per l'immobile il valore
 di L. 6.000.000, che pero' era stato  successivamente  elevato  il  2
 maggio  1968 dalla commissione provinciale a L. 20.000.000. In base a
 tale valore l'ufficio aveva liquidato l'imposta complementare  in  L.
 5.757.000.
    L'immobile   era  stato  quindi  trasferito  ad  Angelo  e  Teresa
 Cavatorta quali nudi proprietari  e  a  Celidea  della  Chiesa  quale
 usufruttuaria con atto in data 1ยบ luglio 1972.
    2.  -  Angelo  Cavatorta,  Teresa Cavatorta e Celidea Della Chiesa
 ricorrevano nei termini di legge eccependo che  la  pretesa  proposta
 nei loro confronti dalla amministrazione finanziaria era tardiva e la
 Della  Chiesa  non era mai stata proprietaria dell'immobile sul quale
 gravava l'imposta di successione.
    La Commissione di primo grado accoglieva il ricorso. La  decisione
 veniva  pero'  parzialmente  riformata  dalla  commissione di secondo
 grado che riconosceva tempestiva (e quindi valida) l'ingiunzione  nei
 confronti  di  Angelo  e  Teresa  Cavatorta, affermando che con varie
 leggi tutti  i  termini  di  precisazione  e  decadenza  erano  stati
 prorogati  sino  al  12  dicembre 1980 e che quindi l'ingiunzione era
 stata notificata in tempo utile.
    Quest'ultima decisione era impugnata innanzi  a  questa  corte  da
 Angelo e Teresa Cavatorta con atto notificato il 31 gennaio 1987.
    3.   -   La  pretesa  dell'amministrazione  finanziaria  si  fonda
 sull'art. 2772 del  codice  civile,  che  attribuisce  privilegio  ai
 crediti  dello  Stato  "per  ogni  tributo  indiretto  ...  sopra gli
 immobili ai quali il tributo si riferisce".  Tale  disposizione  (cui
 corrisponde  in  tema di beni mobili, l'art. 2785 c.c.), a sua volta,
 si ricollega all'art. 68, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, secondo cui
 lo Stato "ha  privilegio,  secondo  le  norme  stabilite  dal  codice
 civile,  per  la riscossione delle tasse di successione sui mobili ed
 immobili cui la tassa si riferisce". Quest'ultima norma (che e' stata
 sostituita dall'art. 45, secondo comma  del  decreto  del  Presidente
 della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637, recante la nuova disciplina
 delle  imposte di successione) e' stata dichiarata costituzionalmente
 illegittima "nella parte in cui non dispone che l'azione  a  garanzia
 del  privilegio spettante allo Stato per la riscossione della imposta
 si estingue nei  termini  stabiliti  dalla  legge  per  domandare  il
 pagamento della tassa o del suo supplemento" (Corte costituzionale 22
 maggio  1974,  n.  141).  Deve  pertanto  ritenersi che il privilegio
 suddetto si estingue nel termine (triennale) stabilito dall'art.  86,
 secondo  comma,dello  stesso decreto (Cassazione 12 dicembre 1974, n.
 4234), le cui disposizioni sono applicabili al presente  giudizio  in
 quanto  l'apertura  della  successione  di cui trattasi risale ad una
 data anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina (art. 59,
 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637).
    4. - Gli appellanti assumono che il termine in  questione  sarebbe
 interamente ed inutilmente decorso e che, pertanto, l'amministrazione
 finanziaria non potrebbe, a tale titolo, avanzare piu' alcuna pretesa
 nei  loro  confronti.  La  commissione  tributaria  di  secondo grado
 sarebbe conseguentemente incorsa in errore per non aver  rilevato  la
 decadenza  e  la decisione impugnata dovrebbe conseguentemente essere
 riformata.
    La censura in base alle disposizioni vigenti sarebbe infondata. E'
 pacifico, infatti, che l'avviso di liquidazione e'  stato  notificato
 agli eredi il 16 febbraio 1971, prima del trasferimento dell'immobile
 ai Cavatorta ed entro i tre anni dalla data in cui l'accertamento era
 divenuto definitivo (2 maggio 1968).
    Il  nuovo termine scadeva, pertanto, il 16 febbraio 1974 (art. 89,
 primo e ultimo comma, r.d. 1923 n.  3270,  art.  2945,  primo  comma,
 c.c.).  ma  esso  e' stato successivamente prorogato, una prima volta
 fino al 31 dicembre 1975 (art. 1, decreto-legge 19  giugno  1974,  n.
 237,  convertito in legge 2 agosto 1974, n. 350) e poi, gradatamente,
 fino al 31 dicembre 1976 (art. 19, legge 2 dicembre 1975, n. 576), al
 30 giugno 1977 (art. 1, decreto-legge 10 dicembre 1976, n. 798, cosi'
 come modificato dall'art. 1, legge 8 febbraio 1977,  n.  16),  al  31
 dicembre  1977  (art.  5,  decreto-legge  10  giugno  1977,  n.  307,
 convertito in legge 4 agosto 1977, n. 500)  e  al  16  febbraio  1981
 (art.  6, decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1987, n.
 914). Quindi, con decreto ministeriale 17 maggio  1982  (in  Gazzetta
 Ufficiale  n. 145, del 28 maggio 1982), emanato ai sensi del decreto-
 legge 21 giugno 1961, n. 498 (convertito in legge, con modificazioni,
 dalla  legge  28  luglio  1961,  n.  770),  recante  norme   per   la
 sistemazione  di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare
 funzionamento  degli  uffici  finanziari,  detto  termine  e'   stato
 ulteriormente  prorogato fino al 7 giugno 1982 (art. 1, decreto-legge
 n. 498/61, citata).
    5.  -  L'ingiunzione  e'  stata  notificata  il  10  maggio  1982.
 L'impugnazione  dovrebbe essere quindi respinta. Ma l'accoglimento di
 tale conclusione trova ostacolo in una  piu'  attenta  considerazione
 delle  norme applicate dall'amministrazione finanziaria per disporre,
 con  il  decreto  ministeriale  17  maggio  1982,  la proroga, dal 17
 febbraio 1981 al 7 giugno 1982, del termine di esazione del credito.
   Tale decreto, come si e' gia' osservato, e' stato emanato  in  base
 al   decreto-legge   26   giugno   1961,   n.  498  (convertito,  con
 modificazioni, nella legge 28 luglio 1961, n. 770) "per  disciplinare
 le   situazioni  che  possono  verificarsi  a  causa  del  mancato  o
 irregolare funzionamento degli Uffici finanziari dovuto ad eventi  di
 carattere eccezionale". Secondo quanto stabilito dall'art. 1 di detto
 decreto  "qualora  gli  uffici  finanziari  non  siano  in  grado  di
 funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale, i
 termini di prescrizione e di decadenza nonche' quelli di  adempimento
 di  obbligazioni  e di formalita' previsti dalle norme riguardanti le
 imposte e le tasse a favore dell'erario, scadenti durante il  periodo
 di  mancato  o  irregolare  funzionamento  degli  uffici stessi" sono
 prorogati fino al decimo giorno successivo alla  data  in  cui  viene
 pubblicato   sulla   Gazzetta  Ufficiale  il  decreto,  previsto  dal
 successivo art. 3, con il quale il ministro delle Finanze accerta  il
 periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici.
    Tali norme, nella loro primitiva formulazione, in vigore quando e'
 stata disposta la proroga in esame, non prevedevano alcun termine per
 la  emanazione  (e  la  pubblicazione) del decreto di proroga. Poteva
 cosi' accadere, ed in effetti  e'  accaduto,  che  il  decreto  fosse
 pubblicato  a  notevole  distanza  di tempo dal periodo di irregolare
 funzionamento degli uffici finanziari.
    Il caso di specie e' emblematico.  la  proroga  e'  stata  infatti
 disposta   in   relazione   ad   agitazioni  di  carattere  sindacale
 manifestatesi il giorno 16 febbraio  1981  ma  il  decreto  e'  stato
 pubblicato in gazzetta solo il 28 maggio 1982: e' cosi' avvenuto che,
 per  un  solo  giorno  di mancato funzionamento degli uffici e' stata
 disposta una proroga di ben 471 giorni. E, come risulta dal prospetto
 dalla stessa avvocatura, quello in  esame  non  rappresenta  un  caso
 isolato.
    6. - Appare evidente che in tal modo l'amministrazione finanziaria
 era   posta  in  condizioni  di  assoluto  privilegio  rispetto  alla
 generalita' dei creditori, potendo a propria discrezione  prolungare,
 senza  alcun limite, i termini stabiliti in via generale dalla legge,
 per l'esercizio dei propri diritti frustrando cosi' quell'esigenza di
 certezza dei rapporti  giuridici  che  giustifica  l'estinzione,  per
 decorso  del  tempo,  di  ogni  diritto,  anche se costituzionalmente
 garantito (Corte costituzionale 10 giugno 1966, n. 63).
    Il  legislatore  si  e'  reso  conto  della  grave  lacuna   della
 disciplina  contenuta  nel  decreto-legge  n. 498/1961 ed e' corso ai
 ripari prevedendo che la proroga debba essere disposta "entro  e  non
 oltre  il sessantesimo giorno dalla scadenza del periodo di mancato o
 irregolare funzionamento" (art. 2, legge 25 ottobre 1985, n. 592, che
 ha  sostituito  con  una  nuova  formulazione  il  testo   originario
 dell'art. 3 del citato decreto-legge).
    7.  -  A  partire dalla entrata in vigore della nuova disposizione
 gli inconvenienti lamentati non possono pertanto piu' verificarsi.
    Resta pero'  il  periodo  anteriore,  al  quale  si  riferisce  la
 presente  vertenza.  Ed  in  relazione  ad esso e' non manifestamente
 infondato il dubbio che la disciplina dettata  dal  decreto-legge  21
 giugno  1961,  n. 498, prima delle modifiche apportate dalla legge 25
 ottobre  1985,  n.  592, contrastasse con il principio di eguaglianza
 davanti  alla  legge  sancito  dall'art.  3,   primo   comma,   della
 Costituzione.
    Detto  principio,  invero,  ha  ormai  assunto  il  valore  di una
 clausola   generale,   espressione    del    canone    di    coerenza
 dell'ordinamento giuridico (Corte costituzionale 30 novembre 1982, n.
 204),  che consente di sindacare la legittimita' costituzionale delle
 leggi e degli atti aventi forza di legge, verificando  non  solo  che
 essi  non  operino  discriminazioni  espressamente vietate (e, cioe',
 distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di  opinioni
 politiche,  etc.)  ma  anche  la  "ragionevolezza"  della  disciplina
 dettata, da controllare  valutando  concretamente  l'adeguatezza  dei
 motivi  che hanno indotto il legislatore ordinario a differenziare (o
 ad equiparare) il trattamento giuridico di determinate situazioni.
    Orbene, anche a voler ritenere  che  il  peculiare  rilievo  degli
 interessi  alla  cui  cura  e' preposta l'amministrazione finanziaria
 giustifichi  una  disciplina  diversa  da  quella  stabilita  in  via
 generale  dal  legislatore e' fortemente dubbio che tali peculiarita'
 possano far ritenere  "ragionevole"  una  normativa  come  quella  in
 esame,  che consentiva alla amministrazione finanziaria di prolungare
 a propria discrezione e senza alcuna limitazione, i termini stabiliti
 dalla legge per l'eseercizio dei propri diritti.
    Il dubbio e' rilevante poiche' investe norme la cui applicabilita'
 si  profila  necessaria  ai  fini  della  definizione  del   presente
 giudizio: una eventuale dichiarazione di incostituzionalita' di dette
 disposizioni  renderebbe  infatti  la proroga disposta con il decreto
 ministeriale 17 maggio 1982 illegittima e renderebbe conseguentemente
 intempestiva la notifica della ingiunzione.
    8. - Per le considerazioni sopra esposte appare  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata,  in  riferimento  all'art.  3 primo comma,
 costituzione la questione di legittimita' costituzionale degli  artt.
 1  e  3  del  decreto-legge  21  giugno 1961, n. 498 (convertito, con
 modificazioni, sulla legge 28 luglio  1961,  n.  770)  nel  testo  in
 vigore  prima  delle modificazioni apportatre con la legge 25 ottobre
 1985, n. 592.
    Gli   atti   vanno   conseguentemente   trasmessi    alla    Corte
 costituzionale previa sospensione del presente giudizio.